Il contrario delle lucertole - Erika Bianchi
Durante l’estate ho incontrato una persona che la passione per la lettura mi aveva fatto incontrare sui social. Una persona speciale di quelle che emanano carisma e cultura da tutti i pori, una di quelle di cui ci si sente onorati di conoscere. Sono uscita da casa sua con il più grande regalo che un lettore può ricevere: una quantità pazzesca di libri e il cuore pieno di gioia.
Uno di questi era “Il contrario delle lucertole”, è il primo che ho scelto di leggere e di sicuro è uno di quelli che porterò sempre con me. È un libro di una bellezza assoluta che ribalta la concezione comune di genitorialità e sviscera i retroscena delle maternità rifiutate, delle paternità abdicate, dell’anaffettività che genera incapacità d’amare. È la storia di una famiglia ripercorsa seguendo le tappe di quattro generazioni, è il racconto delle assenze, dei bisogni incolmabili, delle incomprensioni emotive.
Il personaggio chiave è Isabelle, una donna che non ha mai conosciuto la sicurezza dell’amore genitoriale e che, nel corso della vita, replica con le sue figlie e con gli amori, le dinamiche di rifiuto e abbandono che ha subíto. La sofferenza che deriva dalle mancanze è come un boomerang che colpisce e torna indietro in un continuum generazionale fino alla redenzione e allo spiraglio del riscatto. La svolta c’è ma ha un prezzo altissimo e passa attraverso la malattia di Cecilia, la figlia minore di Isabelle affetta da Anoressia. Il tema della privazione dell’amore trova la sua concretizzazione nella privazione del cibo e crea un intenso parallelismo tra il nutrimento dell’anima e il nutrimento del corpo.
È un romanzo profondo e toccante, forte nei contenuti, delicato nella scrittura e avvincente nella trama.
Lo so che lo dico sempre, ma questo libro è imperdibile davvero!
Sinossi:
1948, Dinard, sulle coste settentrionali della Francia: nel cuore di un luglio leggendario, quello in cui Gino Bartali scala la Francia a pedalate facendo sognare uomini e donne appena usciti dagli orrori della guerra, un gruppo di tecnici segue il campione. Tra loro Zaro Checcacci, giovane meccanico nativo - come ''Ginettaccio''- di Ponte a Ema, che durante una delle serate euforiche dopo una tappa vinta incontra Lena, giovanissima cameriera bretone. Il tempo di una notte e la carovana del Tour riparte, lasciando Lena sola, e ignara di portare nel ventre Isabelle, che nascerà nove mesi dopo. Ponte a Ema, 1959. Nell'officina di biciclette di Zaro, ormai sposato e padre di un bambino, Nanni, si presentano Lena e Isabelle, che ha dieci anni. Zaro non vorrà mai riconoscerla come figlia, eppure tra Isabelle e Nanni si instaurerà un rapporto di fratellanza profonda. Vent'anni dopo, mentre soffia il vento della contestazione, Isabelle è una giovane donna che non è mai voluta salire su una bicicletta. Ma è sopravvissuta all'infanzia e dà alla luce due bambine, Marta e Cecilia, destinate a portare nel loro cammino e nel loro stesso corpo le tracce della storia che le precede... Mentre Marta, la primogenita, trova uno spazio nel mondo, dentro l'animo di Cecilia si apre la voragine spaventosa e seducente della fame, capace di divorare anche un'intelligenza straordinaria come la sua. Narrata a ritroso, dai giorni nostri alla notte in cui tutto ebbe inizio, prende forma in questo romanzo la storia di quattro generazioni; la storia di una famiglia meticcia, in cui si intrecciano destini zoppi e figlie abbandonate ma anche amori assoluti e racconti di biciclette, animali, sogni tramandati come tesori.
Autore: Erika Bianchi
Editore: Giunti
Pagine: 312
Euro: 13,60